Ciao Fabio, sei un fedelissimo dell’Habano, tra quelli che ha vissuto questa passione con uno slancio davvero entusiasmante, come si evince anche dai tuoi libri Carambacaribe. Dal nostro carabiniere all’Avana e Hablamos el mismo idioma. A beneficio dei nostri lettori vorremmo però che tu ci raccontassi come tutto ha avuto inizio.
Ciao Giuseppe, ti rispondo con piacere. Tutto ha inizio così per caso, in un pomeriggio caldissimo del 26 luglio 1996. Ero all’Avana, dove tra l’altro vissi per ben quasi quattro anni e mezzo per lavoro. Ebbene, quel tardo “benedetto” pomeriggio, preso dalla curiosità decisi di acquistare due box di sigari, anche perché erano in occasione del mio compleanno e volevo farmi un regalo. Erano i Romeo y Julieta e i Partagás Mille Fleurs, ossia dei Petit Coronas, ed il prezzo lo ricordo ancora benissimo, era di USD 32,00 il primo e di USD 32,50 per il secondo. Li acquistai in una piccola Tienda dell’Hotel Comodoro che ovviamente non è la stessa che esiste oggi e devo dire che il venditore, in coscienza mi consigliò molto bene, essendo io all’epoca un neofita. Da quel momento o meglio da quella tarda serata di quel 26 luglio, ho iniziato a consumare, a divorare, ad apprezzare e ovviamente ad amare il sigaro cubano!
A Cuba avrai conosciuto certamente personaggi leggendari. Vuoi raccontarci qualche tua esperienza?
Durante la mia permanenza nella Grande Isla ho avuto il piacere e la fortuna di conoscere e frequentare icone che hanno fatto grandi cose per il fumo lento. La lista sarebbe lunga e certamente incompleta, tuttavia ne cito alcuni: Enrique Mons, Alejandro Robaina e Valerio Cornale. Mons mi ha insegnato ad apprezzare i sigari cubani ed accettare un compromesso: se ti piace rifumalo, se non ti piace cambia vitola, cambia marca o, altrimenti, interrompi il percorso. Ad un torneo di tennis organizzato al Club Habana dove io ero socio, arrivai secondo, battuto da uno spagnolo. Il primo premio era una racchetta da tennis, il secondo un box di Trinidad Fundadores e me lo consegnò proprio lo stesso Mons, perché la Casa del Habano era sponsor dell’evento. Per chiarezza: non ho perso perché mi piaceva più il secondo premio, ho perso perché ero più scarso! Di Alejandro Robaina, e di alcuni componenti della sua famiglia avrei tanto da dire e raccontare, li ho frequentati davvero a lungo e in tempi in cui la gente ancora non sapeva veramente chi fosse Don Alejandro Robaina. Questa però mi piace sempre ricordarla perché molto simpatica. Erano invitati da me a cena all’Avana Robaina, con il figlio e il nipote Yrochi e altre due coppie che loro non conoscevano. Durante la cena il figlio Carlos, molto simpatico, si mise a raccontare barzellette non proprio politically correct (si direbbe ora diplomaticamente) e siccome i racconti proseguivano come un fiume in piena, feci un cenno ad Yrochi di seguirmi e gli spiegai chi erano gli altri ospiti. Ci rimettemmo a tavola e Yrochi sussurò qualcosa al padre, il quale da quel momento tacque per tutta la serata. Ad un certo punto gli altri commensali, avendo recepito un certo imbarazzo nel simpatico Carlos, iniziarono loro stessi a raccontare aneddoti. Ad ogni modo le lasagne al pesto cucinate dalla mia consorte rallegrarono tutti i commensali e con i sigari che i Robaina avevano portato (i famosi Padrino) la serata si concluse in maniera magnifica. Infine che dire di Valerio Cornale? Non è cambiato affatto, così era allora e così è rimasto, sempre molto cordiale, semplice e stimato da tutti. Ci conoscemmo una domenica pomeriggio in casa di un antiquario e qualche volta veniva da me a vedere le partite del campionato di calcio, ovviamente con il sigaro tra le labbra, e poi ci vedevamo spesso alla Casa del Habano del Club Habana. Magari passavano un paio di mesi e ricompariva, alternava le Cayman con l’Avana, era l’inizio della mia folgorazione anche per Cornale ….
Quali sono state le persone o le situazioni che hanno contribuito maggiormente alla tua maturazione di appassionato?
Che io sia un appassionato lo si evince da numerose situazioni verificatesi nel corso di questi ultimi vent’anni, escludendo la parentesi lavorativa cubana. Posso dire che gli ambienti e le persone che ho avuto modo di incontrare e di frequentare (e sono veramente poche quelle persone) nel corso di questi anni, le ho trovate molto motivate, scrupolose, attente, molto esigenti ma soprattutto molto preparate. Molte persone, soprattutto i nuovi giovani, dedicano molto del loro tempo alla divulgazione ed alla conoscenza del fumo lento con programmi ben realizzati e molto istruttivi da seguire assolutamente, sia in cartaceo sia sui social, ma anche con corsi magistrali; però come dico sempre: ragionate anche con la vostra testa.
Sei stato testimone di grandi cambiamenti, tanto nell’evoluzione dei moduli che in quella degli appassionati. Raccontaci come hai vissuto questo periodo di enormi trasformazioni.
Ricordo sempre a me stesso che un Habano a volte è solo un Habano. Ho vissuto e vivo normalmente, come tutti, i cambiamenti della vita che hanno oramai sorpassato i miei undici lustri. Alcuni mi piacciono, altri no. Di fatto, non seguo le mode in generale, quindi anche per il discorso sigari, rimango molto tradizionale. Diciamo che non sono molto esigente e non vado a cercare il pelo nell’uovo, sapendo anche cosa c’è dietro; oltre alla storia, ricordo sempre a me stesso che prima che il sigaro arrivi alle mie labbra, servono più di 539 passaggi, e se non ricordo male anche in una diretta su Zoom dello scorso anno, un grande conoscitore come Eumelio Espino confermò questo dato e aggiunse che probabilmente i passaggi erano ancora più numerosi. Quindi, nonostante mi ricordi che un Habano a volte è solo un Habano, ho un rispetto immenso nei suoi confronti, da caso patologico, tanto che a volte ci parlo, anche. Chi mi conosce lo può confermare, anche all’interno della mia cerchia familiare.
Da fumatore, come vivi questo momento di particolare disagio dovuto al Covid, anche in relazione alle difficoltà di approvvigionamento che stiamo incontrando a livello globale?
Il disagio c’è e ci sarà ancora per lungo tempo, prima di ritornare alla normalità. Dobbiamo renderci conto purtroppo che non sarà tutto come prima. E’ una verità cruda ma è reale. Oggi mi rendo conto di cosa significa la parola libertà, pur avendo un’età anagrafica post bellica. Personalmente sono stato colpito dalla “sindrome della capanna” e ci vorrà del tempo prima che mi riprenda, sempre che io ci riesca. Il disagio a proposito dell’approvvigionamento onestamente non l’ho percepito; sia le novità che sono uscite lo scorso anno che nell’anno corrente, e alcune referenze correnti da me richieste e che non devono mai mancare nella mia piccola riserva, sono arrivate. Se la situazione non mutasse in peggio, personalmente mi sento soddisfatto di ciò che Habanos SA, invia al nostro distributore e successivamente ai tabaccai. Nel caso si registrassero distribuzioni ulteriormente minori, vorrà dire che inizierò a fumare meno, così risparmierei gli ammonimenti giornalieri che mi giungono dall’ambiente familiare nonostante abbia la fortuna di avere un piccolo spazio per fumare, tutto per me. “Fumi troppo” mi dicono….
In Hablamos el Mismo Idioma, tu hai intervistato tante persone ponendo loro alcune precise domande. Vorremmo ora che tu rispondessi proprio ad alcuni di quegli interrogativi. Inizierei col chiederti: quali sensazioni provi quando fumi un puro Habano?
Un piacere immenso, soprattutto con il primo alla mattina, dopo una leggera colazione. E’ un rito oramai che pratico da anni, per iniziare bene la mia giornata. E poi diciamola tutta, si tratta di un gradevole momento appagante e tutto per me. Ad una certa età si diventa anche un po’ egoisti.
Con quale bevanda solitamente accompagni la tua fumata?
Sicuramente acqua naturale o gassata ben fredda, caffé, the verde, distillati ma con moderazione, qualche volta con le bollicine. Il vino lo escludo totalmente.
Dammi tre buone ragioni per convincermi a gustare un Habano, e dimmi cosa perdo se non mi avvicino al suo mondo.
Piacere, emozione e creatività. Dopo tanti anni di fumo lento, posso tranquillamente risponderti che ho fatto molto bene ad avvicinarmi a questo benessere. Essendo un solitario, con il mio Habano tra le labbra non mi sento mai solo. Lui è sempre con me. Per questo motivo, ho voluto dare il nome EL INSEPARABLE al travel humidor che ho creato. Cosa perderesti? Avresti perso un’occasione di fumare degli Avana, avresti perso l’occasione di poter svolgere il lavoro che dimostri giornalmente di amare e non saresti un Master di Habanos, come tutti gli appassionati ti riconoscono. Devo andare avanti?
Direi che sei stato piuttosto convincente! Raccontaci ora qualcosa di più preciso sui tuoi gusti personali: le tue marche predilette, i moduli preferiti, e le produzioni che a tuo parere nel corso degli ultimi anni possono essere considerate come autentici must.
Partiamo da questo concetto: i gusti, la marca i moduli ecc., è tutto soggettivo. Quando ho un sigaro tra le mani, quindi a crudo, lo tocco, lo annuso, lo guardo lo riguardo e già riesco ad immaginare di come potrà essere la mia vivace fumata. A volte ci azzecco, raramente no. Ci sono marche e formati che molti non avvicinano, secondo me, per il discorso dell’anilla o della marca magari poco note, oppure perché molti si fanno condizionare dal conoscitori di turno che spesso sono solo i classici “fumatori della domenica” (come li chiamo io). Non credo di sbagliare dicendo questo. Premetto che nella mia vita non ho mai seguito nessuna moda, tantomeno seguirò le varie correnti di pensiero che esistono da anni nel fumo lento. Fumo ciò che mi piace e non mi faccio condizionare, leggo e ascolto tutti (quasi tutti) ma alla fine decido solo la mia testa. Ho dei sigari che preferisco ad altri, per la forza, l’aroma ed il formato. Non posso citarli tutti ma per rispettare la domanda ti dico i primi tre: Vegueros Entretiempo, RyJ Cazadores e Por Larraňaga Petit Coronas. Il must per me sono quei sigari che, una volta terminata la fumata, ti senti veramente sazio e ti dici davanti ad uno specchio: “però, che fumata!!!” Sarò fortunato, ma sono pochi i sigari che non mi hanno dato quelle sensazioni; sarà anche il fatto che non fumo sigari giovani? Che controllo settimanalmente il mio piccolo armadio? Che gli faccio prendere aria la domenica? Che li sposto da sotto a sopra e viceversa? Che taglio la perilla del sigaro che andrò a fumare il giorno dopo? Quest’ultima pratica con i vintage e gli aged dovrebbe essere obbligatoria, sempre secondo la mia modesta esperienza.
Cosa pensi delle Edizioni Regionali proposte da Diadema? Ti andrebbe di stilare una classifica del tuo personale gradimento riguardo alle produzioni destinate al nostro mercato?
Sicuramente la prima Edizione Regionale, proposta da Diadema, il cabinet di Punch Superfinos del 2005, e la penultima Edizione Regionale: il cabinet Punch Mantua, E.R. 2019.A seguito le altre ER, di cui purtroppo ne ho perse due perché ero fuori dall’Italia per lavoro.
Una domanda che poniamo a tutti gli intervistati è la seguente: se avessi la possibilità di chiedere a Diadema e ad Habanos un sigaro non più in produzione, cosa sceglieresti, sia come vitola che come tipo di confezionamento?
Lo dico sottovoce, Diadema SpA è un distributore preferenziale di Habanos SA per vari motivi. Uno sicuramente è quello che da Genova, ove sono ubicati uffici e il deposito (dove io ci dormirei), sono transitati tutti gli attuali vicepresidenti e i responsabili commerciali di HSA: dopo essere stati vicepresidenti in Diadema, tutti hanno conseguito lusinghieri progressi in carriera, ricoprendo incarichi di assoluto prestigio. Sono segno di questa grande considerazione anche le due recenti presentazioni in anteprima mondiale dei RyJ Capuletos e dei Montecristo Supremos. Le scelte adottate in questi anni dal distributore italiano credo siano state improntate proprio a soddisfare quella nicchia di appassionati sempre più esigenti, e aggiungo che si è trattato sempre di scelte azzeccate e molto apprezzate sia tra i connazionali sia tra i pochi fortunati stranieri che sono riusciti ad acquistarle. Tra una giara ed un cabinet, preferisco quest’ultimo sicuramente. Tra un cepo grueso e uno fino, preferisco quello fino o meglio, fumo più sigari con cepo fino. Ecco, una cosa la potrei chiedere, anche se so che non mi ascolteranno. Perché non proporre di confezionare in box la marca Vegueros, invece del condizionamento in latta? Al limite si potrebbe proporle entrambe. Poi, perché non proporre un cabinet di Montecristo No. 4? Infine il cabinet 50 di Partagás Shorts, sostituito con il box da 25: per favore, ripristinatelo!
Siamo alla fine della nostra intervista, e la nostra ultima domanda non può che riguardare uno spazio a te molto caro, e che credo esprima appieno tutto lo straordinario amore che nutri per Cuba e il mondo dell’Habano: ll tuo "rinconcito cubano" è qualcosa di ormai leggendario, ma vorremmo tu raccontassi ai nostri lettori cos'è, cosa rappresenta e come ti è venuta l'idea di crearlo.
Le leggende sono un'altra cosa. Traduciamo subito la parola spagnola nel significato di Rinconcito, ossia “angolino”. Ecco appunto, non è altro che uno spazio dedicato alla mia vera passione, dove posso fumare, bere e cenare tranquillamente senza che nessuno osi avvicinarsi in momenti “intimi” a chiedermi di spostarmi o ancor peggio di spegnere immediatamente il mio amico oramai inseparabile. Per correttezza, dico subito che l’idea di dare il nome al locale non è stata mia ma di Jorge, il mio “corredor” che avevo all’Avana. Il corredor nel campo dell’antiquariato è colui che conosce sia gli antiquari sia i privati che vogliono vendere qualcosa che gli appartiene. Gli riconoscevo una percentuale, solitamente del 10% per ogni oggetto che riusciva a trovarmi. Tutto questo avveniva come sempre a Cuba tra il 1996 e la fine del 2000. Come detto in precedenza, conobbi Valerio Cornale, proprio in casa di un antiquario. Entrambi eravamo a caccia. Lui irraggiungibile per un verso io per l’altro, credo. Mi spiego meglio: tutte le bellezze acquistate sia dagli antiquari, sia dai privati, sono state “revisate”, (controllate) dal Fondo dei Beni Culturali dell’Avana e una volta pagate le tasse di esportazione per ogni singolo pezzo, viene rilasciata una ricevuta ben dettagliata con tanto di autorizzazione all’esportazione. Questo avveniva non certo perché ero carino e pettinato, ma perché a quell’epoca chi aveva residenza stabile a Cuba da più di due anni aveva diritto all’esportazione di oggetti d’arte e decorativi, purché fossero autorizzati da loro e non appartenessero al medesimo Fondo. Questo perché ci fu un’epoca in cui alcuni “loschi personaggi” tentarono con vari stratagemmi di esportare pitture di artisti famosi, auto, mobili e moto d’epoca Harley Davidson, con vari escamotage, poi chiaramente alcuni furono scoperti e gli oggetti sequestrati. A distanza di anni, posso dire di averne trattata una pure io, di auto, nella città di Cienfuegos. Era una Indian del 1947 che, per eludere i controlli, avrei dovuto far smontare in pezzi. La tentazione fu fortissima, ma poi decisi di non cadere in errore: ne andava della mia reputazione, e sicuramente avrei compromesso il container che stavo preparando. Sì, un container di quaranta piedi per intenderci, dove oltre alla vettura, e agli effetti personali, avevo inserito ogni oggetto acquistato e, ricontrollato uno a uno da un paio di addetti dell’Agenzia della Dogana cubana. Era in sostanza il container del mio rientro in Patria. Perché ho nominato Valerio? Perché i suoi cimeli (collezione di antichi humidores e tanto altro lui li ha all’Avana, mentre i miei oggetti, le pitture, i mobili, le sculture, ecc, sono tutti nell’angolino cubano. Per me il rinconcito, rispecchia esattamente quello che sono, un malato che invece di dedicare il tempo libero ad altro, rimane in questo angolo a pensare, leggere, progettare, sognare ma soprattutto a fumare. Durante il blocco dovuto al virus che non voglio nemmeno citare, e anche tutt’ora, mi sento non fortunato ma fortunatissimo. Ho amici e visto semplici conoscenti nelle dirette di Instagram, Zoom, ecc, obbligati ad andare a fumare in terrazza se gli va bene o altrove dalla moglie, dalla fidanzata, dal compagno. Ecco quindi che devo ringraziare quell’idea di cinque lustri orsono, e che oggi mi offre la possibilità di stare tranquillamente nel mio angolino; giuro che a volte mi guardo intorno e mi dico sottovoce: ma come ho fatto?… alzando poi gli occhi al cielo!!! A distanza di anni, e lo premetto, senza chiedere premure da parte di alcuno, ero all’Avana ai festeggiamenti per i primi 500 anni dalla fondazione della città e mi presentarono la nuova direttrice del Museo del Tabaco, che aveva sostituito la straordinaria Zoe Nocedo Primo. Non conoscevo la nuova direttrice, ma lei a quanto pare conosceva bene me. In sostanza mi invitò a presentarmi presso il Museo nel giorno dell’anniversario dei 500 anni, ossia il 16 novembre 2019, per un evento. Mi presentai all’appuntamento e lì con mia grande sorpresa mi venne consegnato, alla presenza dei suoi collaboratori, un riconoscimento che veramente in quel momento mi fece commuovere ma nello stesso tempo riflettere, perché fu qualcosa che non mi aspettavo e che mi veniva offerto senza che io avessi chiesto nulla ad alcuno. Ad ogni modo è un diploma, dove c’è scritto: (lo traduco in italiano) “IL MUSEO DEL TABACCO DI CUBA CONSEGNA QUESTO RICONOSCIMENTO A FABIO BALLESTRACCI E AL SUO RINCONCITO CUBANO, PER LA SUA PASSIONE E DEDIZIONE PER LA CULTURA DEL HABANO. HABANA 16 NOVEMBRE 2019”. Grazie di cuore!!!
Dimenticavo…l’angolino di cui vi ho parlato, tutto in stile coloniale e art deco, si struttura su circa 120 mq nei quali, a parte tre pezzi inglesi e tre cassapanche antiche, ovunque tocchi, vedi, ammiri, osservi, pensi, bevi e con immensa gioia fumi solo Avana; guardando un quadro che ritrae Winston Churchill spesso ci diciamo: tengo siempre Cuba en mis labios!!!
|